
Gli addolcitori per l’acqua sono sempre più diffusi nelle case. Cosa sono e cosa fanno? Sull’argomento c’è molta confusione e disinformazione.
Facciamo un po’ di chiarezza, iniziando col dire che gli addolcitori NON sono depuratori: questo significa che eventuali inquinanti e/o batteri presenti nell’acqua non vengono assolutamente trattenuti da questi apparecchi, che sono progettati per intervenire esclusivamente sulla riduzione della durezza dell’acqua. Con l’utilizzo di resine polimeriche a base di sodio si innesca negli addolcitori una reazione chimica che scambia ioni calcio (Ca++) e magnesio (Mg++) con ioni sodio (Na+), allo scopo di ridurre il carbonato di calcio (CaCO3) e di magnesio (MgCO3), sostituiti con bicarbonato di sodio (Na2CO3). Quest’ultimo non si deposita nelle tubazioni, mentre il carbonato di calcio, solo se presente in eccesso, può provocare depositi nei condotti dell’acqua calda in particolare. Entriamo nel merito: il contenuto di ioni calcio e magnesio nell’acqua è quantificato attraverso la cosiddetta “durezza”, espressa a livello mondiale in gradi francesi.
Varie ricerche internazionali, fra cui uno studio dell’Università Bicocca, indicano chiaramente che l’acqua con valori di durezza inferiori a 25 gradi francesi non provoca depositi nelle tubazioni, se non a livello di tracce nelle serpentine dell’acqua calda. Questi studi indicano chiaramente che se avete in casa un’acqua con durezza inferiore a 25 gradi francesi l’addolcitore non è necessario. Al massimo, per estrema prudenza, potreste usare qualche pastiglia anticalcare nella lavatrice/lavastoviglie, al fine di scongiurare anche il minimo deposito nelle serpentine dell’acqua calda. La durezza dell’acqua è indicata in bolletta, o comunque è disponibile nelle analisi pubblicate periodicamente dal gestore domestico. In alternativa potete controllarla voi stessi in modo semplicissimo con un reagente disponibile a 10€ in commercio.
E per valori di durezza superiori a 25 gradi francesi? Ebbene, se si sceglie di inserire un addolcitore va detto innanzitutto che quest’ultimo è regolabile per legge, con un preciso scopo: riducendo il contenuto di calcio e magnesio l’acqua si acidifica, e se la durezza è inferiore a 10 gradi francesi diventa addirittura corrosiva nei confronti delle tubazioni. Per questo la regolazione della durezza, che molti installatori calibrano in modo preciso in fase di montaggio dell’impianto, si attesta su valori di 12-15 gradi francesi, e comunque non inferiori a 10. Consiglierei a chi è dotato di addolcitore privato o condominiale di misurare periodicamente la durezza in uscita dall’addolcitore, per mantenerla sopra i 10 gradi francesi, onde evitare una subdola corrosione progressiva delle tubazioni dell’acqua, calda e fredda.
C’è un altro parametro, prettamente di natura economica, da considerare. L’addolcitore, si è detto, funziona attraverso resine polimeriche che, cedendo il sodio di cui sono impregnate, vanno continuamente “rigenerate” attraverso cloruro di sodio, ovvero “sale” solitamente composto da sferette ospitate in un serbatoio a parte che deve essere rifornito periodicamente. Tale rigenerazione consuma acqua in misura superiore a quella che prosegue. In altre parole, più del 50% dell’acqua in ingresso viene impiegata per rigenerare le resine, con conseguente raddoppio della bolletta; in ulteriore aggiunta ci sono i costi delle ricariche di sale e della manutenzione dell’addolcitore, oltre ovviamente al costo dell’impianto e alla sua installazione. Sussiste inoltre un aspetto ambientale non trascurabile, rappresentato dal lavaggio delle resine, che produce allo scarico acqua ricca di sostanze tossiche.
Veniamo infine a un tema che ci sta a cuore: l’acqua di casa “da bere”. Come influisce un eventuale addolcitore sulla qualità di quest’ultima? Si è detto che l’unico effetto degli addolcitori è la variazione di durezza, quindi è solo su questo dato che dobbiamo focalizzarci. La normativa dell’acqua potabile di rubinetto in commercio, più volte citata nei precedenti articoli, “consiglia” valori di durezza compresi fra 15 e 50 gradi francesi. Questo significa che, se la regolazione dell’addolcitore è corretta, anche l’acqua addolcita va benissimo da bere. Il controllo periodico della durezza in uscita, con taratura sui 15-20 gradi francesi, è infatti importante sia per evitare la corrosione delle tubazioni di cui si è detto, sia per garantire all’acqua di mantenere un contenuto di sali calcio e magnesio sufficiente per la sua potabilità.
C’è di più: l’addolcitore toglie ioni calcio e magnesio, immette ioni sodio. Il quesito sorge spontaneo: non sarà che l’acqua addolcita diventi troppo ricca di sodio? Qui un semplice approfondimento, con dati certi e calcoli alla portata di tutti, produce risultati altrettanto certi e incontestabili: la normativa dell’acqua potabile di rubinetto prevede un limite massimo di sodio di 200 mg/l. La tabella qui riportata mostra quanto sodio viene aggiunto dall’addolcitore a riduzioni da 10 a 50 gradi francesi.
Partendo ad esempio da un valore medio di durezza dell’acqua a Parma e dintorni, che si attesta sui 25-28 gradi francesi, per ridurlo a 15 l’addolcitore aggiunge 45,9 mg/l di sodio. Nella stessa acqua della zona il sodio assume valori tra 15 e 35 mg/l (controllate le vostre analisi dell’acqua, che riportano questo valore). Quindi, facendo i calcoli, il valore massimo di sodio che raggiungiamo in questo esempio sarebbe di 35+45=80 mg/l, ovvero meno della metà del limite di legge. Se fate lo stesso esercizio con acque più dure troverete che il sodio totale rimane comunque sempre ben lontano dai limiti di legge.
Quanto sopra pare più che abbastanza per valutare tutti gli aspetti relativi all’acqua addolcita e all’eventuale necessità di installare un addolcitore.
Chiudiamo con un confronto che, ancora una volta, mostra la totale discrepanza fra la normativa dell’acqua potabile pubblica/domestica e quella dell’acqua in bottiglia. Si è detto che per l’acqua di rubinetto è consigliata una durezza fra 15 e 50 gradi francesi. Per l’acqua di bottiglia, invece, non v’è alcuna indicazione nella normativa specifica. Ebbene, fate voi stessi un controllo sulle acque in bottiglia in commercio: troverete che la maggior parte di esse riporta in etichetta dati di durezza inferiori a 5 gradi francesi, ovvero se fosse acqua di rubinetto avrebbe valori ben più bassi del minimo consigliato (15 gradi francesi) per una buona acqua potabile! A buon intenditore…
Buona salute a tutti.
Scrittore: Paolo Salvioli.
