
Da qualche anno a questa parte mi occupo, come osteopata, di donne in gravidanza.
Per le mamme è un momento estremamente particolare: hanno una maggiore percezione delle proprie emozioni, sentono le modificazioni del corpo, i movimenti di una nuova vita
crescere dentro di loro. Quasi una magia. In questo periodo così speciale, ma anche così vulnerabile, è sempre corretto affidarsi a specialisti che possano aiutare le future madri in vari aspetti.
Come osteopata mi occupo di agevolare le modificazioni corporee, tipiche di questa esperienza, che aiutano la madre ad ospitare meglio il bimbo che sta crescendo: offro supporto nell’evitare
dolori (sciatica, mal di testa, stipsi…) e nell’aumentare la consapevolezza di avere una buona flessibilità e mobilità delle articolazioni, sia per permettere al bambino di potersi sistemare in posizione cefalica e agevolare il parto, sia per migliorare l’irrorazione sanguigna e nervosa al seno e ai dotti lattiferi, permettendo la montata lattea e l’allattamento al seno.
Considerando però che non siamo solo fisico e che le modificazioni ormonali non influiscono solo sul corpo ma anche sulla psiche, dobbiamo essere molto attenti anche allo stato emotivo della mamma. Da studi eseguiti, è stato dimostrato che se la mamma soffre di depressione la prole sarà maggiormente vulnerabile e il bambino potrà sviluppare problemi emozionali e comportamentali, avere un basso peso alla nascita, ma anche un aumentato rischio di
comparsa di asma.
Negli ultimi anni un numero crescente di studi ha messo in luce un’associazione tra sintomi di ansia, depressione in gravidanza e alterazioni a livello fisiologico e comportamentale
nella prole sin dalla prima infanzia e più a lungo termine. Tuttavia i meccanismi attraverso i quali lo stress materno viene “comunicato” al feto, influenzandone lo sviluppo,
sono ancora da chiarire.
Il cortisolo, il più noto ormone dello stress, è stato finora il mediatore più studiato delle influenze dello stress materno sul feto.
Tuttavia vi è ragione di credere che altri meccanismi legati alla risposta infiammatoria e allo stress possano essere implicati.
Infatti non viene coinvolto soltanto l’asse ipotalamo-ipofisisurrene, il cui marker principale è il cortisolo, ma anche il sistema nervoso simpatico e il sistema di risposta infiammatoria,
che possono risultare alterati nelle donne che sperimentano sintomi di stress e depressione in gravidanza.
Nello studio EDI (Effetti della Depressione sull’Infante), nato in collaborazione tra l’IRCCS Medea e il Research Department of Clinical Educational and Health Psychology dello University
College di Londra, alle mamme, durante il terzo trimestre di gestazione, è stato chiesto di compilare due questionari per valutare la presenza di sintomi depressivi e ansiosi e di effettuare
dei prelievi di sangue e di saliva al fine di misurare i livelli di alcuni markers infiammatori, come l’Interleuchina-6 e la proteina C reattiva, oltre ad alcuni markers dei sistemi biologici di risposta
allo stress, come il cortisolo e l’alfa amilasi salivare. I bambini sono stati valutati tra le 48 e 72 ore dopo la nascita misurando la loro risposta comportamentale e fisiologica al test di screening
(un piccolo prelievo di sangue dal tallone che viene effettuato di routine in ospedale dopo la nascita).
Lo studio ha evidenziato che alti livelli di cortisolo materno in gravidanza predicono un’alterata risposta allo stress nel neonato, ovvero una marcata reattività comportamentale e una ridotta reattività fisiologica al test di screening effettuato a poche ore dalla nascita. Inoltre l’esposizione prenatale a livelli più elevati di Interleuchina-6 materna è risultata associata ad una
minore circonferenza cranica nel neonato, mentre i livelli di alfa amilasi sono risultati correlati al peso alla nascita.
La natura osservativa di questi dati non consente inferenze causali; tuttavia i risultati dello studio suggeriscono che alterazioni nei livelli fisiologici di stress durante la gravidanza
possano influenzare la crescita e lo sviluppo del feto con potenziali rischi a lungo termine. Le alterazioni sul feto possono interessare la programmazione del cervellodel bambino, direzionandolo
su un “settaggio” iperattivo del sistema dello stress e della sensibilità emozionale.
Un cervello così precocemente programmato tenderà a produrre normalmente quantità superiori di CRH, che in stato di stress diventeranno esagerate, con produzione eccessiva
di cortisolo che tenderà a sregolare ulteriormente i recettori dell’ippocampo e dell’amigdala, innescando un circolo vizioso con conseguenze negative per tutto l’organismo.
Avere quindi la possibilità di seguire le mamme sia da un punto di vista fisico che psichico diventa un’opportunità fondamentale per evitare che gli effetti dello stress influenzino eccessivamente la vita del nascituro. Sicuramente un buon attaccamento della diade madre-bambino e la qualità dell’ambiente in cui il bimbo si troverà a crescere possono moderare l’impatto dei fattori di rischio prenatali. L’obiettivo è quello di trovare strategie di prevenzione e intervento tempestivi, per aiutare le madri e le coppie a iniziare la loro vita insieme.
Scrittrice: Dott. Gloria Curati.
