La calcolosi renale e la sfida dell’acqua

La calcolosi renale e la sfida dell'acqua

Bere una quantità adeguata di acqua rappresenta la principale misura preventiva contro la formazione di calcoli renali. Questo è un consiglio dato da tutti gli urologi alle persone inclini a sviluppare tali calcoli. La questione cruciale è: Quanta acqua bisogna bere? E quale tipo di acqua? E cosa dire delle altre bevande?

In sostanza, come garantire un’idratazione ottimale per ridurre al minimo il rischio di calcolosi?

Quanta acqua bere? Questa è la domanda più semplice. Infatti, è intuitivo che la diluizione delle urine, sebbene non possa dissolvere i calcoli già formati, possa comunque apportare benefici su almeno tre livelli:

1) Riducendo la formazione di cristalli di sali costituenti dei calcoli;

2) Rendendo più difficile l’aggregazione dei cristalli stessi;

3) Aumentando il flusso urinario, agevolando l’espulsione di piccoli aggregati eventualmente già formati e di materiale sabbioso chiamato “renella”.

Gli urologi sostengono che una produzione urinaria di circa un millilitro all’ora per chilogrammo di peso corporeo (quindi circa 1,7 litri al giorno per una persona di 70 kg) può efficacemente
prevenire la formazione di sali nei calcoli per la maggior parte delle persone. È evidente che per ottenere tale quantità di urina sarà necessario introdurre una quantità di liquidi notevolmente
maggiore e variabile in base all’assorbimento di acqua negli organi e alle perdite corporee per varie ragioni.

La sudorazione, ad esempio, rappresenta la causa più comune di perdita di liquidi, richiedendo un incremento dell’assunzione di liquidi durante l’estate e in ambienti caldi, nonché nei soggetti
che svolgono attività fisica, lavorativa o sportiva intensa. In particolare, gli atleti spesso sottovalutano l’importanza di reintegrare rapidamente i liquidi, incorrendo in periodi di disidratazione relativa, anche prolungata, che nel tempo possono causare problemi seri (affronteremo i rischi della disidratazione grave nel prossimo articolo del Magazine, quindi… restate connessi!!!).

A meno di circostanze eccezionali, il consiglio empiricoche gli urologi forniscono a tutti i pazienti affetti da calcolosi è di valutare le urine: se sono incolori o leggermente paglierine, ad eccezione delle prime del mattino, allora l’assunzione di liquidi è sufficiente. In generale, ciò si traduce nelsuggerimento di bere almeno  2 litri di acqua al giorno, preferibilmente distribuiti in modo uniforme lungo tutta la giornata. Una formula spesso utilizzata per calcolare il consumo giornaliero di acqua è“Peso corporeo x 3/100”. Ad esempio, una persona con un peso di 75 kg dovrebbe bere almeno 75 × 3/100 = 2,25 litri di acqua al giorno. Quale acqua bere?

Questa è una domanda più complessa che nel corso del tempo ha generato r i s p o s t e m o l t o d i v e r s e da parte degli esperti e della comunità scientifica internazionale.

«Studi di questo tipo sono stati condotti a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso» afferma il Dr.Paolo Piana, esperto in Urologia e membro dell’European Board of Urology. Inizialmente
sembrava che l’ipotesi intuitiva che l ’ a c q u a “dura” e ricca di sali, in 28 particolare calcio e magnesio, favorisse la formazione di calcoli fosse confermata.

Tuttavia, studi successivi hanno confutato queste conclusioni e sembrava essere affermato il contrario. Uno studio condotto negli Stati Uniti nel 1982 su oltre 2000 pazienti con calcoli renali
concluse che non c’era alcuna correlazione tra il tipo di acqua consumata e l’incidenza di calcolosi.

Altri studi simili hanno raggiunto conclusioni simili, mentre studi più recenti hanno suggerito un potenziale effetto protettivo dell’acqua “dura”, la quale, grazie al suo contenuto di calcio,
potrebbe legare l’ossalato di origine alimentare nell’intestino, impedendone l’assorbimento e la successiva filtrazione renale, e quindi riducendo la formazione di calcoli di ossalato.

Le ricerche scientifiche più recenti sembrano mettere in discussione l’efficacia di consumare acque con basso contenuto di sali fissi, nonostante questo sia spesso promosso come soluzione.
Il dottor Ercole Leonardi, chimico, afferma: «L’acqua ricca di calcio favorisce la formazione dei calcoli urinari? Non è vero! È stato dimostrato che per quanto riguarda i calcoli di ossalato di calcio, che rappresentano la maggioranza dei calcoli urinari, l’acqua calcarea agisce come fattore protettivo. Per quanto riguarda la presenza del calcio nei reni, questa non dipende dall’apporto alimentare di calcio, ma piuttosto dalla sua concentrazione nel sangue, mantenuta costante intorno a 10 mg/100 ml dall’organismo umano.

Questa scoperta scientifica importante risale al 2002, anno in cui il New England Journal of Medicine ha pubblicato il lavoro sperimentale del prof. Loris Borghi dell’Università di Parma».
Nel documento “Linee guida per una sana alimentazione italiana” redatto dall’Istituto Nazionale di Ricerca per l’Alimentazione e la Nutrizione, pubblicato nel 2003 dal Ministero per le Politiche
Agricole, Forestali ed Alimentari e disponibile gratuitamente online, si legge: «Non è vero  che il calcio presente nell’acqua favorisce la formazione dei calcoli renali. Le persone inclini a sviluppare calcolosi renale devono bere in abbondanza e in modo regolare durante il giorno, senza preoccuparsi che il calcio nell’acqua possa favorire la formazione dei calcoli stessi. Anzi, è stato dimostrato che le acque minerali ricche di calcio possono rappresentare un fattore protettivo in tal senso».

Il dottor Domenico Prezioso, urologo, aggiunge che «una dieta ideale per la prevenzione e la cura della calcolosi deve mirare a mantenere un pH urinario non acido, poiché questo rappresenta un fattore di rischio. L’acqua bicarbonato-alcalina è particolarmente indicata per la calcolosi. È altrettanto importante ridurre il consumo di sale alimentare. Inoltre, oggi esistono prove, anche di natura scientifica, che non è necessario limitare il calcio nell’alimentazione. Una dieta con un apporto normale di calcio, senza riduzioni, può ridurre il rischio di recidive».

Il dott. Prezioso sottolinea che non è necessario limitare il calcio sia nell’acqua sia nella dieta solida, ma è importanteridurre il consumo di alimenti ricchi di sale, contenente cloruro di sodio.
Secondo l’Istituto Nazionale di Ricerca per l’Alimentazione e la Nutrizione:

• Più della metà del sodio (54%) è presente nei cibi conservati e preconfezionati (quelli utilizzati nell’industria alimentare);

• Nei cibi freschi il contenuto di sodio è molto più basso (circa il 10%);

• Aggiungendo sale durantela cottura o a tavola si contribuisce al restante 36%.

Ecco alcuni esempi:

• Basta una pizza per superarela quantità massima giornaliera consigliata (2 grammi);

• Scegliendo un panino con pomodoro e mozzarella invece di un salume crudo, si riduce l’assunzione di sodio di circa 1 grammo;

• Usando legumi freschi o secchi anziché quelli in barattolo insieme a pasta, si può evitare fino a mezzo grammo di sodio.

È importante fare attenzione al consumo di pane, cracker e grissini: sebbene non siano tra gli alimenti più ricchi di sodio, possono contribuire significativamente al consumo giornaliero perché spesso ne si mangiano più porzioni durante la giornata. Se si consuma pane non salato, l’assunzione di sodiosarà pressoché trascurabile.
Acqua: le acque a basso contenuto di sodio sono davvero utili?

Anche l’Istituto Nazionale di Ricerca per l’Alimentazione e la Nutrizione afferma che «sul mercato esistono acque minerali con basso contenuto di sodio. Tuttavia, nella maggior parte delle acque minerali, il contenuto di sodio è inferiore a 0,05 grammi per litro, il che significa che per raggiungere i 2 grammi di sodio indicati come limite giornaliero dalle linee guida sanitarie, bisognerebbe
bere oltre 40 litri al giorno! Con due litri di acqua, si introduce mediamente da 0,02 a 0,1 grammi di sodio, corrispondenti all’1-5% della quantità giornaliera massima  raccomandata».

Ciò implica una cosa sola: il problema del sodio deriva dagli alimenti, non dall’acqua che si beve, perché anche le acque più ricche di sodio ne apportano quantità insignificanti all’organismo, a meno che non si riesca a bere più di 25-30 litri di acqua al giorno!!!

Sono sicuro che sull’argomento non sia necessario aggiungere altro e che ognuno saprà trarre insegnamento di fronte a certe pubblicità ingannevoli anche su questo argomento.  Un altro urologo, il prof. Michele Gallucci, direttore della clinica  urologica presso l’Ospedale Regina Elena di Roma, rafforza le tesi sopra esposte: «La prevenzione della calcolosi inizia con l’assunzione di una
quantità adeguata di acqua. ’acqua oligominerale, a basso contenuto di sali, è utile solo nella fase di espulsione dei calcoli, mentre per la prevenzione, comprese le recidive, le acque alcaline possono prevenire sia la formazione di calcoli di acido urico che di ossalato.

Inoltre, nel passato abbiamo completamente eliminato il calcio a causa delle indicazioni di autori inglesi, il che ha portato a numerosi casi di osteoporosi. Oggi sappiamo che una quantità adeguata di calcio, sia nell’acqua che nell’alimentazione solida, è salutare in quanto non favorisce la calcolosi, a differenza di quanto si pensava in passato, e previene altre malattie».

Sulla rivista ufficiale dell’Azienda USL di Bologna, si legge: «A Bologna, le acque presentano una durezza medio-alta con valori tra 150-500 mg/l di residuo fisso e questa durezza rappresenta un valore aggiunto, poiché le acque dure hanno un effetto protettivo sul sistema cardiovascolare e, secondo la letteratura scientifica, non  contribuiscono alla formazione dei calcoli renali».

Infine, sentiamo il parere del nutrizionista, il prof. Pier Luigi Rossi, docente di Scienza dell’Alimentazione all’Università di Bologna: «È necessario superare l’idea che un’acqua ricca di calcio causi calcolosi renale.

Questo non è vero, poiché la causa principale della calcolosi renale è una bassa assunzione di acqua e un’urina acida. La digestione avviene nell’acqua e quindi è importante berne anche mezz’ora prima dei pasti per migliorarne la digestione. Si consiglia di preferire un’acqua con alto residuo fisso secco, pH alcalino e un elevato contenuto di ioni bicarbonato».

Ora che abbiamo compreso quanto e quale acqua bere, resta la domanda sulle altre bevande: questa è la nostra domanda conclusiva.

La risposta sarà parziale, poiché l’argomento merita un approfondimento in un futuro articolo, ma possiamo già fornire alcune indicazioni: il dott. Prezioso e il prof. Rossi hanno evidenziato, tra gli altri, un fattore di rischio importante per la formazione di calcoli (soprattutto da acido urico), ovvero l’acidificazione delle urine.

Ciò suggerisce che lo stile di vita generale, in particolare quello alimentare e anche l’idratazione, dovrebbe tendere a evitare l’acidificazione. Dato che le bevande più consumate, a parte l’acqua,
sono spesso bevande gassate e zuccherate con un pH inferiore a 3, che quindi sono fortemente  acidificanti, la risposta sembra chiara: è importante limitare al massimo il consumo di queste
bevande al fine di prevenire problemi renali (oltre che altri rischi, come l’effetto sulla glicemia), poiché l’anidride carbonica e lo zucchero raffinato contenuto in tali bevande sono potenti acidificanti. Per lo stesso motivo, l’acqua naturale, possibilmente alcalina, come raccomandato da vari esperti, è sicuramente preferibile all’acqua frizzante contenente anidride carbonica,
che ha un pH di circa 4, quindi molto acido.

Adottare uno stile di vita sano non significa diventare estremisti, ma piuttosto comporta l’impegno a informarsi attentamente, in modo aperto e obiettivo. Questo consente di prendere decisioni consapevoli nella vita di tutti i giorni.

Vi auguro un autunno in salute.


Scrittore: Paolo Salvioli.

 

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