Siamo ciò che mangiamo.

Siamo ciò che mangiamo.

Non sono un nutrizionista e nemmeno un medico. Cosa faccio? Cucino con tanta cura e amore, nel modo migliore per non far soffrire gli altri esseri viventi.

L’uomo è ciò che mangia” è una delle notissime frasi del filosofo Ludwig Feuerbach (1804-1872), che suona come una sentenza e riecheggia attuale anche nei nostri giorni.

Ma che cosa significa dal punto di vista materialistico e letterale?

Ognuno di noi corrisponde in larga parte a ciò che mangia, alle sostanze concrete che ogni giorno proietta dentro di sé durante l’alimentazione. Ecco perché si può sostenere che una buona alimentazione contribuisca a renderci migliori: la nostra salute, non solo fisica, e la qualità della nostra vita, dipendono direttamente dagli alimenti che consumiamo quotidianamente. Parafrasando ancora Feuerbach, è possibile considerare che nel mangiare si condensa la cultura lo spirito di un popolo, la dimensione culturale riportata a prescrizioni e divieti che arrivano da lontano, insieme allo sviluppo della civiltà. L’uomo è quindi anche ciò che non mangia: i cosiddetti “fioretti”, per esempio, simbolicamente costituivano la privazione dei cibi più pesanti alla digestione, che impedivano la meditazione o la preghiera. In quei periodi, generalmente due o tre all’anno, gli aderenti a quel credo lavoravano meno, mangiavano meno e il corpo poteva rigenerare.

Fin qui siamo tutti d’accordo.

Che cosa è cambiato da allora?
Cosa succede con la globalizzazione?

Da qualche anno a questa parte le tradizioni enogastronomiche sono svanite e la tendenza a mangiare ovunque e tutto è diventata sempre più evidente. Non è più ritenuto sano il principio di consumare gli alimenti di stagione nei periodi corrispondenti e di preferire i prodotti nati dalla terra in cui il popolo vive.

Abbiamo perso l’abitudine di scegliere i prodotti non inquinati e che maturano al sole, vicino a casa nostra, ma sempre più spesso andiamo a comprare il nutrimento nei supermercati. Che poi, “nutrirsi” è molto diverso da “mangiare”: l’energia che serve al nostro organismo può essere assunta solo attraverso alimenti freschi, non precotti, non a lunga conservazione.

Siamo disabituati a sentire il corpo, ad ascoltare le sue richieste. Ci attacchiamo a modelli di alimentazione troppo riduttivi – unico gusto, unico pensiero, unico piatto – che ci allontanano dal compito più bello: sentire dentro di noi, intimamente e singolarmente, quello che ci fa meglio, quello che ci fa star bene.

Prima di entrare in un ristorante quindi guardiamo bene il cuoco che cucinerà per noi: se mangia bene lui, farà mangiare bene anche noi. Perché tutti noi siamo ciò che mangiamo.

 

Buon Cibo.
Buoni Pensieri.
Buon Tutto.


Scrittrice: VIORICA TARNOVSCHI, Appassionata per la cucina salutare

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